12 Luglio 2023

ESCLUSIVA PSB – Varone: “Che annate con Alvini alla Reggiana. Cosenza? Ecco com’è andata, mentre a Terni…”

Il centrocampista in esclusiva ai nostri microfoni

AC Reggiana

È una storia di resilienza, passione e tenacia. Una storia segnata ma non piegata dagli eventi, che non hanno avuto ragione nella colluttazione con i sogni e gli obiettivi. Una storia in cui il percorso è già meritevole di lode, indipendentemente da quale sarà il punto di arrivo, perché – se è vero che una persona è una combinazione di carne e ossa migliorata dalle emozioni – vivere dentro ciò che accade, evitando esclusivamente di circumnavigare non tenendo in considerazione tutto ciò che fluisce con il torrente, vuol dire aver avuto ragione prima di attendere l’esito finale. Una storia che parte dalla polvere dei campi recintati in maniera opinabile e arriva alle televisioni in 4K. È la storia, questa, di Ivan Varone. Poliedrico centrocampista, che la Serie B ha ospitato in più occasioni (Reggiana, Ternana e Cosenza), il classe ’92, reduce dall’esperienza con il Novara, è pronto a ripartire, dato che le proposte – diverse delle quali proprio dalla cadetteria, non mancano. Raggiunto in esclusiva dai nostri microfoni, sono stati diversi – e profondi, grazie a ciò che Ivan ci ha fornito – i temi trattati.

Ivan, inevitabile cominciare chiederti come prosegue la tua preparazione verso la nuova stagione.

“Sto lavorando duramente, ne avevo bisogno. Quando a ottobre 2021 ho sofferto la rottura del crociato ho recuperato in tempi brevi, ovvero quattro mesi e mezzo, sforzandomi notevolmente con un percorso arduo e faticoso, ma desideravo tornare quanto prima in campo. Dopodiché, quando sono stato nuovamente arruolabile, il tutto è combaciato con la fine della stagione, la squadra era salva e il club optò per non farmi rischiare una ricaduta, decidendo di aspettare il ritiro per perfezionare il recupero. Proprio quell’estate, però, non mancavano offerte dall’Italia per il sottoscritto, la mia famiglia voleva rientrare e l’allenatore non era contento di ciò, perché su di me era stato fatto un investimento importante. C’erano i fari accesi soprattutto di una società di B dove c’era un mio ex allenatore, ma prima della stagione è andato via e non se n’è fatto più niente. Accaduto tutto ciò, non sono finito fuori rosa ma i rapporti con il Panaitōlikos si sono inevitabilmente incrinati, specialmente con il tecnico, che mi aveva fortemente voluto. Ho giocato poco per 4-5 mesi, ciò mi ha penalizzato perché ho notato questo: in Italia, quando va all’estero, un calciatore viene dimenticato. Novara mi ha dato l’opportunità di scacciare questo grigiore, tutti pensavano avessi ancora problemi al ginocchio ma ho sempre giocato. A tal proposito ringrazio Marco Marchionni, un vero uomo. Torniamo, dunque, al presente: come dicevo in apertura, sto lavorando in maniera intensa e mirata, così da riaccendere il motore, non a caso nemmeno durante le vacanze mi sono fermato. Sto facendo quasi sempre doppie sedute, tra parte tecnica e un percorso con un personal trainer per energizzare la parte atletica. Mi sento bene, sono pronto per ripartire”.

La tua carriera è stata costellata da tantissime tappe, ognuna significativa e in grado di lasciarti qualcosa sia in termini calcistici che umani. Aprendo il cassetto dei ricordi potremmo menzionare il biennio con la Reggiana, dove sotto la guida di Massimiliano Alvini, neo allenatore dello Spezia, ti consacrasti come un centrocampista prolifico e presente in entrambe le fasi, tanto in Serie C quanto in B. Cosa ti ha dato questo allenatore?

“Prima di arrivare a Reggio Emilia ho vissuto un percorso importante, ma quelle due sono state probabilmente le stagioni più belle della mia carriera. Qualche anno prima stavo pensando di lasciare il calcio: avevo avuto problemi familiari, segnati da un lutto importante, e non trovavo la forza. Dopodiché mi è scattato qualcosa nella testa: a mia madre avevo promesso che sarei diventato qualcuno, glielo dovevo per tutti i sacrifici fatti per me. Da lì – parlo dell’anno di Chieti – c’è stato un click che mi ha permesso di ripartire, così da scalare ogni categoria fino alla massima serie, che ho avuto il privilegio di giocare in Grecia, dove il livello è alto. Detto ciò, ribadisco l’importanza del biennio a Reggio, che mi ha consacrato a un certo livello. Sottolineo anche un altro tratto per me molto importante: ero praticamente a casa, perché adesso vivo a Bologna, così come la maggior parte della mia famiglia risiede in questa zona, dunque ogni volta che giocavo era presente in massa, le vibrazioni erano magnifiche. Mi sono trovato bene sin da subito, e con il mister è scattato qualcosa dai primi allenamenti: è tutto più facile quando si crea un feeling con una persona per la quale andresti in guerra. In quegli anni ha insegnato un calcio nuovo, che adesso stanno emulando più allenatori, ma i principi di gioco del mister si vedevano poco in giro. Il COVID interruppe l’annata, ma il karma ha voluto che facessimo comunque i playoff, dove abbiamo dominato contro squadre come il Bari, che era forse superiore in termini di nomi, ma dovette alzare bandiera bianca per la nostra supremazia in campo. In B è stato un campionato particolare, giocare senza tifosi ci penalizzò e non poco, perché avremmo avuto almeno 5-6 punti in più. Con Alvini ho segnato tanto, ma al di là dei gol mi ha migliorato tatticamente e mentalmente: in quel periodo avevo la sensazione di poter fare tutto a un certo livello, perché mi sentivo totalmente dentro le dinamiche di gruppo e le idee del mister. 

Hai conosciuto la Serie B con la Ternana, dove Sandro Pochesci ti porto con sé a seguito di una magnifica stagione con il Fondi. Cosa ti senti di dire su quella parentesi?

“Sono arrivato a Terni, una tappa per me fondamentale, dopo aver fatto per l’appunto molto bene a Fondi. Ci furono diversi cambi in panchina, ma sotto l’aspetto personale l’annata fu comunque positiva, purtroppo marchiata negativamente dalla retrocessione. Sono molto critico con me stesso, ciononostante ritengo che le mie prestazioni furono buone, poi inevitabilmente subentrano diversi fattori, tra cui – ribadisco – le vicissitudini per quanto concerne l’allenatore. Parliamo di una piazza calda, mi dispiace per quello che sta succedendo nelle ultime settimane, spero che si possa risolvere tutto quanto prima. Lì ho tanti amici, che sento ancora oggi, ai quali auguro che le cose trovino presto un nuovo equilibrio”.

Quelli vissuti a Cosenza furono mesi decisamente strani: arrivi con grandi aspettative, ma sotto l’egida di Braglia giochi poco, da qui la decisione di andare alla Carrarese nel mercato invernale. Cosa successe?

“Arrivai a Cosenza su desiderio e indicazione del direttore Trinchera, una grande persona, che capisce di calcio e alla quale auguro il meglio. Siamo al cospetto di un’altra realtà importante, mi sono trovato benissimo con l’ambiente, così come la mia famiglia, ma a livello calcistico sono stati 4-5 mesi davvero brutti: i calciatori che avevano vinto il campionato l’anno prima partivano cento passi avanti rispetto ai nuovi arrivati. Braglia ragionava così, quindi nonostante mi allenassi molto intensamente le occasioni latitavano, ancora oggi fatico a capire il motivo. Ho sofferto tanto, perché ero arrivato per fare un ulteriore salto di qualità, ed ero tra l’altro fiducioso dopo le prime partite giocate in Coppa Italia, durante le quali avevo fatto molto bene. Non ho avuto opportunità dall’inizio, non voglio puntare il dito ma gli eventi hanno subito quest’evoluzione. Convivevo male con una situazione del genere, non ritenevo di essere inferiore ai miei compagni di reparto, dunque decisi di rimettermi in discussione, ecco perché accettai la Carrarese e la Serie C. Ho bisogno di sentirmi importante, mi conosco, è una dinamica per me fondamentale”.

Hai superato le 400 presenze in carriera, navigando con consapevolezza in ogni categoria. Cosa chiedi alla tua prossima esperienza? “Di essere al centro del progetto, dunque desidererei una piazza in cui sono ben voluto. Mi sento alla grande, smentisco chi parla di una mia situazione fisica cagionevole, perché negli ultimi due mesi di stagione ho giocato tutte le partite. Quello al crociato è stato ovviamente un infortunio serio, ma nella mia carriera non ho avuto altri problemi di questo tipo. In futuro voglio sentirmi importante, ho ancora l’obiettivo di arrivare in Serie A qui in Italia, perché è l’unica categoria che mi manca. Ho la voglia e la fame di provare a fare il massimo, poi chiaramente vedremo la vita cosa metterà sul tavolo. Non ho alcuna intenzione di sentirmi una prima donna, ma sono che calciatore sono e rendo al meglio in un contesto dove percepisco di essere apprezzato. Adesso non voglio più perdere tempo e terreno, voglio giocare fino a quando avrò benzina in corpo”.