1 Dicembre 2016

ESCLUSIVA PSB – Erpen: “Ho ancora voglia di divertirmi. Sulla Serie B…”

Horacio Erpen, esterno dell’Arezzo classe ’81, cresciuto nelle giovanili del Boca Juniors e con un passato al Sassuolo, alla Juve Stabia ed al Sorrento, è stato raggiunto in esclusiva dalla redazione di pianetaserieb.it; tra i tanti temi trattati quello degli “oriundi” in Nazionale, il ciclo del Sassuolo guidato da Capitan Magnanelli, l’Arezzo e la differenza […]

Horacio Erpen, esterno dell’Arezzo classe ’81, cresciuto nelle giovanili del Boca Juniors e con un passato al Sassuolo, alla Juve Stabia ed al Sorrento, è stato raggiunto in esclusiva dalla redazione di pianetaserieb.it; tra i tanti temi trattati quello degli “oriundi” in Nazionale, il ciclo del Sassuolo guidato da Capitan Magnanelli, l’Arezzo e la differenza tra Serie B e Lega Pro. Ecco l’intervista completa:

Ciao Horacio, volevo farti una prima domanda sugli “oriundi” in Nazionale visto che sei in Italia da più di 10 anni: fino a che punto un calciatore decide di giocare in una selezione di un altro paese diverso da quello di nascita per senso di appartenenza e fino a quale, invece, per “convenienza”?

“Questo è un discorso su cui si discute molto e credo che tutto cambi di persona in persona: se prendiamo il mio caso in cui sono qui da 12 anni, ho avuto 3 bambine nate in Italia e non avendo mai giocato in Nazionale argentina se avessi la possibilità di giocare con l’Italia accetterei perché comunque un pezzo della mia famiglia è nato in questo paese ed in questo caso c’è un certo senso di appartenenza. Ripeto è una questione che dipende molto dalle circostanze; prendendo in esempio Camoranesi che è stato un riferimento anche in squadre di club e si sente italiano poi si ha quella necessità di ritornare nel posto in cui si è nati come fatto dall’ex calciatore della Juve”.

Hai giocato nel Sassuolo per tre stagioni nel periodo in cui il Sassuolo ha dato il via alla propria cavalcata; parlaci di quell’avventura e, soprattutto, di un calciatore come Magnanelli che dalla C2 si è poi affermato, con buoni risultati, anche in Serie A.

“Ricordo che Francesco all’inizio non giocava con regolarità ma lui è uno di quei calciatori di cui tutti gli allenatori si innamorano ed inoltre aveva vissuto già la “famiglia” Sassuolo poi è ovvio che cambiando dirigenti ed allenatori c’è a chi piace e a chi non. Magnanelli è diventato un punto di riferimento del club emiliano perché incarna alla perfezione l’idea che il Sassuolo ha di società. Quando giocavamo in C1 in casa avevamo 1500 tifosi mai oltre questo numero; poi è normale che quando siamo andati alle fasi finali abbiamo raggiunto anche i 3000 tifosi e via via crescendo fino a diventare la potenza che è ora”.

Hai giocato in Serie B ed in Lega Pro per moltissime stagioni. Quali sono le differenze sostanziali che si notano?

“Credo che la differenza sostanziale siano i palcoscenici in cui si gioca: in Serie B se vai a giocare a Salerno giochi dinanzi a 15mila persone, a Cesena 8mila spettatori a Vicenza lo stesso mentre in Lega Pro come capitato per il girone del centro Italia è diverso quando si va a giocare, con tutto il rispetto, a Santarcangelo o Renate con una cornice di pubblico di 2/300 persone; credo che le motivazioni siano a fare la differenza sotto molti aspetti. Se non si ha la mentalità giusta la differenza tra categoria non si vede; ovviamente in Serie B il livello è maggiore anche grazie ai calciatori che dalla Serie A scendono in cadetteria ma anche in Lega Pro ci sono molti calciatori di livello che magari non trovano l’ambiente giusto perché non è facile trovarlo in questo tipo di campionato. Poi ripeto il fatto di sentire il boato quando si entra in campo e molta gente sugli spalti ti carica in modo pazzesco ed a me è capitato a Castellammare in cui c’è la tifoseria della Juve Stabia che è impressionante”.

Questa è la tua terza avventura ad Arezzo: ci sono fattori anche extra calcistici che ti hanno fatto scegliere la città toscana a più riprese?

“Nella mia prima esperienza, nel 2009/2010, son stato molto contento della scelta perché approdavo in una società vogliosa di risalire in Serie B e purtroppo col playoff perso con la Cremonese le cose non sono proseguite bene; il presidente Mancini non aveva la stessa voglia dell’anno prima e purtroppo, sottolineo purtroppo, sono andato via ma sono convinto che l’anno successivo avremmo potuto fare davvero bene. Poi dopo aver vinto il campionato con la Pro Vercelli sono tornato ad Arezzo con la stessa voglia dell’esperienza precedente e mi sono trovato molto bene. La società e la tifoseria mi hanno voluto bene; peccato per l’infortunio di gennaio in un momento positivo e c’è rammarico per non aver finito un campionato in cui ero già a quota 7 gol. A fine stagione sono andato alla Carrarese in cui ho vissuto un annetto molto difficile mentre quest’anno sono tornato nuovamente con una società che mi ha voluto, il direttore mi ha fatto una grande impressione ed io ho tantissima voglia di giocare e di divertirmi ancora in questi che sono gli ultimi nani della mia carriera”.