7 Aprile 2022

Adrián Bernabé, prosa e poesia

BERNABÉ PARMA – I rendimenti dei calciatori, eccezion fatta per rarissim(issim)e eccezioni riscontrabili in quel di Parigi e Manchester (indietreggiando nella linea del tempo tra Barcellona, Torino e Madrid) sono fisiologicamente ondeggianti. Gli interpreti del più bel gioco del mondo, come lo definiva e raccontava Gianni Brera, alle volte brillano, altre volte appaiono ingrigiti, altre […]

BERNABÉ PARMA – I rendimenti dei calciatori, eccezion fatta per rarissim(issim)e eccezioni riscontrabili in quel di Parigi e Manchester (indietreggiando nella linea del tempo tra Barcellona, Torino e Madrid) sono fisiologicamente ondeggianti. Gli interpreti del più bel gioco del mondo, come lo definiva e raccontava Gianni Brera, alle volte brillano, altre volte appaiono ingrigiti, altre ancora innervano vitalità tecnico-tattica per poi disunirsi a causa di un errore. Non possono, né devono, essere considerati attori dalla robotica continuità. La stampa – chi state leggendo in primis – sa essere intelligente, sveglia, ricettiva, probabilmente opportunista, e sceglie di scrivere quando il corso degli eventi agevola la ricerca di locuzioni luccicanti e riferimenti arguti. Troppo facile, penserete. Avete e avrete ragione. Detto ciò, com’è possibile non elogiare quello che sta facendo, anzi donando, Adrián Bernabé?

Arrivato in estate in quel di Parma, su precisa richiesta dell’eccessivamente vessato Maresca, Adrián era accompagnato dalla ventata aurea che circonda e sorregge chi è cresciuto nell’Eden del talento, La Masia di Barcellona, per poi diventare uomo nella Manchester dal clima freddo-oceanico ma capace di riscaldare con tutto il calcio generato e insufflato dalla piramide che vede Pep Guardiola al vertice. Un problema al cuore, fortunatamente risolto, ne ha condizionato i primi mesi, ma il 2022 sta regalando ai Ducali, e agli appassionati senza fazioni, un calciatore che raramente si era visto in cadetteria in termini di caratteristiche tecniche, tattiche e cognitive.

Sarebbero (e saranno) tanti i tratti distintivi da elogiare con riferimento al fútbol del giovane spagnolo classe 2001, ma quello che maggiormente risalta, almeno a una prima e superificiale visione, è la mescolanza di consapevolezza, tecnica e propensione alla giocata che ne contraddistingue il modo di stare in campo. Adrián rischia, ma è un istinto ragionato, come teorizzato da Massimiliano Allegri nelle sue trentadue regole riguardanti il gioco del calcio. Il classe 2001 juega perché sa, interpreta, reagisce agli stimoli della situazione con dei comportamenti emergenti figli di talento, allenamento, esperienza (che non è un concetto da legare necessariamente all’età). Gioca con chi vede, concetto espresso da Stefano Pioli nella sua Tesi depositata a Coverciano nell’oramai lontano (ci perdoni, mister) 2002-2003, oppure va in progressione (chiedere al Cosenza per maggiori info e preoccupazioni): tutto ha un senso, tutto ha un fine teleologico, tutto ha elevati valori dell’indice estetico e della pericolosità.

Etichettarlo in termini di ruoli ne ridurrebbe l’importanza per il Parma e l’ampiezza delle possibilità descrittive: teoricamente è un centrocampista in una mediana a due, o una mezzala in base all’oscillazione del Mudo Vazquez, un elemento che parla la sua stessa lingua. Praticamente è un investigatore di spazi (rubiamo l’espressione ma non scomodiamo Thomas Müller, unico, primo e solo nella storia sotto questo punto di vista): si muove in base alla possibilità di incidere tecnicamente e tatticamente, con il suo mancino sempre caldo e pronto a pennellare.

Un calcio, quello di Bernabé, che Pier Paolo Pasolini avrebbe percepito come materializzazione del suo pensiero: “Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosatico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico“. Bernabé è tanta qualità e altrettanta quantità, è tecnica e atleticità, è patrizia eleganza e plebea agitazione all’interno della stessa partita. È un magnifico presente e, speriamo noi amanti del calcio, un radioso futuro, dettagliato come la prosa e imaginifico come la poesia.