❗ Alvini: “Frosinone squadra ambiziosa. In B conta il campo non i soldi! Miglior attacco? Calciatori bravi”
L'intervista di Alvini
Marco Iacobucci / IPA Sport / IPA
Massimiliano Alvini, allenatore del Frosinone, ha parlato alla Gazzetta dello Sport nel corso di una bella intervista del collega Nicola Binda. Di seguito le sue parole.
Più sorpreso dalla chiamata o dal primato?
«Non mi aspettavo la chiamata di Castagnini, lo confesso. Poi ho trovato la fiducia di Stirpe e Doronzo e il Frosinone è questo: una piramide vincente che mi ha dato tutto per lavorare bene».
Se gli allenatori venissero giudicati solo dai risultati, tutti farebbero i direttori sportivi.
«È la verità. Io fino a Cremona ho fatto un percorso netto, e sono arrivato in A dopo 22 anni di carriera. Poi a Spezia e Cosenza ho vissuto esperienze non positive, ma restano cicatrici che mi hanno fortificato e reso un allenatore migliore».
Perché le sue idee piacciono?
«Tutti sanno che mi piace lavorare, che voglio costruire un gruppo che si riconosce nella disciplina e nei principi. Il risultato non può essere tutto».
Siete l’unica squadra che in questa Serie B ha sempre giocato con la difesa a quattro.
«Mi sono adattato a come ha costruito la squadra Castagnini. La squadra si esprime meglio così, anche se possiamo giocare a tre e a volte in partita lo facciamo. L’importante è essere flessibili».
Per lei però non è una novità.
«Fino a 10 anni fa giocavo a quattro, nel professionismo a tre, ma sempre a zona. Oggi tante difese giocano a tre con riferimento agli uomini, non alla palla. Sono stato tre anni all’AlbinoLeffe quando Gasperini cominciava il percorso all’Atalanta, l’ho studiato e rispetto anche quei principi».
E come nasce il miglior attacco della B?
«Dalla qualità dei giocatori. Noi riusciamo a portare tanti uomini in area e facciamo gol perché sono bravi. Rischiamo, ma ho sempre preferito un calcio propositivo. A volte riesce, a volte no…».
Di chi sono oggi al mondo le idee migliori?
«Degli italiani. La nostra scuola è la migliore al mondo. Ancelotti per la leadership, Conte per il metodo, Italiano o Baldini per la tattica. E Spalletti ovviamente. Ma ho visto Sarri, Giampaolo e altri, tutti maestri. La settimana scorsa ho fatto un esercizio che Sarri faceva nel 2012 a Empoli: l’ho riadattato ed è piaciuto».
Non ha trovato un Frosinone depresso dopo l’annata-no?
«No, ho trovato chiarezza, coerenza, voglia di lavorare. Una società perfetta, i valori e l’identità c’erano. E la squadra è giovane, non era demoralizzata: come staff ci siamo messi a loro disposizione, ricevendo subito risposte e una bella disciplina».
Avete lo stesso cammino del Monza stellare. È un caso?
«Quello che conta è il campo, non il nome o gli ingaggi. Il campo esprime i suoi giudizi: siamo una squadra con l’ambizione di volersi migliorare».
Le sconfitte di fila con Monza e Venezia sembravano fermare il vostro brillante avvio, invece…
«Dietro c’è un lavoro. I nostri punti li abbiamo meritati tutti e forse ci manca qualcosa».
Quindi si può competere per la A.
«Sarebbe qualcosa di grosso. Quello che mi interessa è mantenere identità e disciplina. La parola Serie A mi sembra enorme, ma il bello della B è che la differenza non la fanno i nomi e i soldi».
Ghedjemis, Bracaglia, Kvernadze e gli altri: chi di questi suoi giocatori farà una bella carriera?
«O Calvani e Monterisi? Barcella e Cichella dove li mettiamo? E Palmisani e Grosso? Qui ci sono tanti ottimi giovani che faranno carriere importanti».
Dopo 10 anni con 8 squadre tra A, B e C, Frosinone è il posto giusto per mettere radici?
«Sì. Di certo la B è l’unico campionato che non ho vinto, il mio obiettivo prima o poi è di farcela. E oggi per me Frosinone è il massimo».
Le pesano i 381 km da Fucecchio?
«Stare via da casa è un test, ma io sono felice quando vado a lavorare e quando torno a casa».
Lei vive di calcio h24: riesce a distrarsi un po’?
«Purtroppo è così. Mi distraggo solo quando torno a casa dalla famiglia, dai genitori e dagli amici».
L’ultima volta che è andato al cinema?
«Sono appassionato: ho visto la prima del film sul mio amico Brunello Cucinelli».
L’ultimo libro letto?
«La biografia di Conte».
Giuseppe l’ex Primo ministro?
«No, macché: Antonio!».