20 Marzo 2024

L’ex arbitro Abbattista: “Il documento grazie a cui sono rimasto in organico era falso. Dimissioni atto dovuto”

Il racconto

Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images for Lega Serie B - Via One Football

In un’intervista a Le Iene l’ex fischietto Eugenio Abbattista ha motivato le proprie dimissioni gettando ombra sul sistema arbitrale.

Ecco le sue parole più significative, riprese da Calciomercato.com:

“Ero schifato da tutto quello che vedevo attorno. Impossibilità di parlare, esprimermi e l’autorizzazioni negatemi. Dopo il primo servizio che mi riguardava, ho chiesto di poter parlare, ma non sono stato autorizzato. Sarebbe stato scomodo farlo. Il documento che il massimo organismo degli arbitri ha prodotto che ha permesso a me e ad altri arbitri di restare in organico era evidentemente falso. Io dovevo andare a casa, dovevo smettere di arbitrare. Il documento attesta il mantenimento nell’organico del sottoscritto, di Calvarese e Giacomelli, quando in realtà la relazione che era stata presentata dai valutatori diceva che noi tre dovevamo restare a casa.

Morganti mi chiamò e mi disse che a fine anno avrei smesso di arbitrare per massima permanenza nel ruolo. Davo per scontato che sarei stato dismesso. Ho anche mollato dal punto di vista degli allenamenti, poi quando ho scoperto che avrei continuato sono stato contento perché sarei rimasto in campo. Poi quando ci sono stati i ricorsi dei colleghi dismessi ho capito che c’era qualcosa che non andava.

Ho richiesto due volte volontariamente di essere ascoltato dalla procura per fare chiarezza, ho confermato ciò che mi aveva detto Morganti, mi hanno chiesto se fossi sicuro ed anche il valutatore Morganti ha dichiarato che per me non era stata richiesta alcuna deroga. Nel momento in cui delle persone sono sedute ad un tavolo e sono testimoni di un atto che poi si è verificato falso e non denunciano, di fatto sono complici. Quell’atto ha portato alla condanna di innocenti e a lasciare impuniti dei colpevoli. In questo caso le dimissioni sono quanto meno dovute, anche per un fatto di dignità personale”.