ESCLUSIVA PSB – Gaetano De Rosa: “Volevo scrivere la storia del Bari. A Reggio sono stato benissimo”
Gateano De Rosa, ex difensore di Bari e Reggina tra le altre si è raccontato in esclusiva ai nostri microfoni
Una storia di vita indissolulibilmente legata al pallone. Prima da calciatore tra Serie A e Serie B e poi da referente tecnico, ma sempre con un filo come minimo comun denominatore: l’umanità al primo posto.
Tutto questo è Gaetano De Rosa, ex difensore di Bari, Reggina e Genoa, un’eternità passata nel calcio che conta e adesso la grande passione messa a disposizione dei più piccoli. De Rosa si è raccontato in esclusiva ai nostri microfoni, tra un passato glorioso e un presente da “educatore”, uno che ce l’ha fatta ma non ha perso di vista il lato umano.
Chi è Gaetano De Rosa oggi?
“Mi occupo di Scuola Calcio e attività di base nella città di Napoli. Sono referente tecnico per sviluppare il progetto del Real Casarea. Come ho cominciato? Diciamo per caso, non è mai facile il dopo per un calciatore, comprendere cosa si è all’altezza di fare. Io ho sempre visto l’attività di base indipendente dalle qualità, tutti devono avere possibilità. La voglia deve essere quella di investire tempo in un progetto in cui si crede, e nel mio caso l’obiettivo era trovare un progetto che andasse contro corrente per vedere se avrebbe portato risultati. Noi dobbiamo costruire i ragazzi e dargli un futuro ma anche un presente. Io cerco di portare in campo la mia esperienza tratta tra vari ambienti e culture che mi ha portato a questo. Tutti ci lamentiamo di piccole cose, pochi ragazzi bravi nell’uno contro uno, c’è sempre l’influenza dei genitori, tutti sottolineano cose giuste oggettivamente, ma nessuno ha il coraggio di affrontarle e provare a trovare una soluzione. Il problema dell’attività di base è voler essere fautori di qualcosa che non è nelle nostre possibilità. Noi dobbiamo accompagnare i ragazzi nel loro percorso e tirare fuori il loro valore senza influenzarli negativamente. É il loro mondo e noi dobbiamo solo aiutarli. Sono sempre stato fortunato da un altro punto di vista: ho fatto nella vita tutto quello che mi piaceva sempre legato al pallone. Questa è stata la mia fortuna nella mia vita, io gratuitamente e incondizionamente dovevo restituire qualcosa al calcio cercando di aiutare”.
Riavvolgiamo il nastro della tua carriera. Guardandoti indietro non puoi che essere soddisfatto. Dall’esordio con il Napoli fino alle esperienza da protagonista in Serie A e in Serie B.
“Io sono nato in Germania ma sono tornato a 10 anni a Napoli, la città dei miei genitori. E ho giocato con il Napoli fino alla prima squadra. Comincio dal ’91, io ero in Berretti e sono andato in panchina contro la Sampdoria. Sono state 48 ore di silenzio, un ragazzino di 17 anni in mezzo ai grandi, non avevo parole ma è stata un’esperienza fantastica. Il mio sogno poi l’ho realizzato nel ’93 con mister Bianchi, giocando qualche minuto con il Napoli. Poi è cominciato un periodo complicato, sono andato in Serie B con il Palermo, e dopo un ottimo girone di andata ho avuto un calo notevole. Posso dirlo, ero davvero in difficoltà, e per un po’ non sono riuscito ad uscire da questo periodo. Sono tornato a Napoli nella stagione 94/95 e ho fatto un anno di tribuna. Adesso lo capisco con maggiore maturità: non ero riuscito a fronteggiare il mondo in cui ero approdato. Di conseguenza sono andato alla Pistoiese, anche lì qualcosa non funzionò, e allora sono ripartito dal Savoia, in terza serie. Il primo anno a dire il vero ero ancora l’ombra di me stesso, dal secondo ho ritrovato certezze e autostima, e sono riuscito ad emergere. Da quel momento è cominciata la mia vera carriera”.
Dal Bari sei ripartito e lo hai fatto in maniera eccellente. Come sei riuscito ad uscire dal tuo momento complicato? É la piazza di Bari che è riuscita a trasmetterti qualcosa in più?
“Avevo un sogno, quello di rimanere a Bari il più possibile cercando di stare lontano dalle attenzioni. Il mio desiderio era rimanere a Bari, c’era attenzione intorno a me, ma era più forte per me agguantare qualcosa che mi desse ancora più gratificazione, diventare parte della storia del club. Ho passato 7 anni a Bari e non è stato facile cambiare. Ma tutto è successo quando era messa a repentaglio la tua sicurezza come persona. Si diceva che non ero un buon capitano perchè non intimidivo i miei compagni, non esercitavo una forza nei loro confronti, ma semplicemente non lo facevo perchè non faceva parte di me. Purtroppo questa linea di pensiero esiste ancora oggi, pure con i ragazzi, gli viene insegnato a sopravvivere e non a vivere. Decisi quindi poi di andare via, alla Reggina di Mazzarri, piacevolissima sorpresa dal punto di vista civico e calcistico, è stata una parentesi bellissima per me. E poi Genova con Gasperini, in quella Serie B con Juventus e Napoli. Avevo maturità e scelsi di tornare in Serie B per vincere e per tirare fuori altri aspetti magari sopiti del me calciatore. Quando poi siamo tornati in A con il Genoa ho capito che era arrivato il momento di chiudere la mia carriera, era nata mia figlia a metà luglio e volevo dedicarmi a lei. Il calcio mi aveva dato tanto, e io pensavo di aver ricambiato il mio favore”.
A tuo tempo eri già un difensore moderno. Bravo in fase di impostazione, marcatore e anche finalizzatore. Ti rivedi nei difensori odierni?
“Mi sono accodato alla scia di quegli anni in cui cerano i difensori intramontabili, Thuram, Maldini, Nesta, difensori completi, fase di costruzione, abilità nella finalizzazione e doti difensive. C’erano già strumenti per svolgere quel ruolo. E io avevo quelle caratteristiche, anche il mio primo gol con il Bari contro la Samp è nato così, da un pallone costruito da me e un azione andata a concludere in porta, un gol facile sì ma di grande orgoglio e al termine di un’azione corale”.
E sulla Serie B attuale? Ti aspettavi questo rendimento da Bari e Reggina?
“Posso dire che il calcio amo più giocarlo e praticarlo piuttosto che seguirlo. Risultati e classifiche li guardo, ma devo essere onesto, non rinuncio ad un momento mio per guardare una partita. Se ne ho la possibilità lo faccio volentieri, altrimenti no. Per quello che riguarda questa Serie B posso dire che ci sono tante squadre indietro rispetto alle aspettative iniziali. E anche chi invece sta stupendo come Bari e Reggina. Non conosco le loro ambizioni, ma vedere questi due club lottare gomito a gomito per un obiettivo così importante è bellissimo. Il mio auspicio è logicamente vederle entrambe in Serie A: lo meritano i tifosi e lo meritano le società, stiamo parlando di due squadre del Sud importantissime”.