20 Maggio 2023

L’MVP di PSB – Pochi minuti che racchiudono (e riscrivono) un’intera carriera: Criscito e il suo meritato finale da favola

Un addio dai tratti fiabeschi, quello dell'oramai ex capitano del Grifone

Twitter Genoa CFC

Il Genoa batte con un pirotecnico 4-3 il Bari a Marassi nella trentottesima – e ultima – giornata dell’emozionante campionato di Serie B 2022-2023, chiudendo con i fiocchi una stagione condita dall’immediato ritorno nell’olimpo del calcio italiano del Grifone, dopo appena un anno di purgatorio tra i cadetti.

La memorabile serata genovese, oltre che per i motivi di cui sopra, rimarrà però per sempre impressa nelle menti dei sostenitori rossoblù (e non solo) anche per il sentitissimo addio al calcio giocato da parte di Domenico Criscito, difensore, capitano e autentico simbolo della storia recente del sodalizio ligure.

Dopo la tanto annunciata, quanto cocente retrocessione della scorsa annata, condita anche – e soprattutto – dal sanguinoso errore dal dischetto nel derby contro la Sampdoria che (seppur senza il crisma dell’ufficialità) proiettò il Genoa verso la cadetteria salvando invece i blucerchiati, il classe 86′ originario di Cercola decise di lasciare la Lanterna e di ripartire dalla MLS, con l’intento di chiudere la propria carriera nel Toronto FC dalle fortissime tinte tricolori: il frame della sua disperazione dopo la parata dagli undici metri da parte di Audero, di conseguenza, sembrava potesse – e dovesse – rappresentare l’ultimissima immagine di Criscito con indosso la casacca del club più antico d’Italia.

A gennaio, però, dopo appena una manciata di presenze con la compagine canadese, l’ex capitano decide di fare ritorno a casa con un’ultimissima, ma fondamentale missione: riportare il Genoa in Serie A, prima di appendere gli scarpini al chiodo. L’unico modo, cioè, al fine di chiudere il cerchio, rimuovere il suddetto, lacerante ricordo contro gli odiati cugini e riscrivere in positivo una storia altrimenti destinata a lasciare una inevitabile macchia nell’infinita storia d’amore con la società che lo ha accolto praticamente da bambino e che lo ha prima cresciuto, e poi plasmato, in ben cinque differenti parentesi di carriera tra giovanili e prima squadra.

Che Il Vecchio Balordo, data l’elevatissima caratura del proprio organico e il sensazionale trend inanellato sotto la redditizia gestione targata Alberto Gilardino, potesse centrare l’obiettivo era un esito tutt’altro che impronosticabile nonostante un avvio da horror con Blessin, ma l’autentico capolavoro contestualmente verificatosi sulla pelle di Mimmo, sia sul piano professionale che umano, ha davvero qualcosa di, sportivamente parlando, indubbiamente mistico.

Subentrato al 48′ del secondo tempo non essendo al top della condizione e in teoria solamente per godersi l’ultimo abbraccio del suo popolo, Criscito ci impiega pochissimi giri di lancette a rimuovere definitivamente quanto di lacerante patito circa dodici mesi prima, congedandosi dal tanto amato prato verde del suo Ferraris nel miglior modo possibile. Come? Proprio dagli undici metri e, guarda un po’, nella stessa porta che tanto lo aveva fatto soffrire un anno fa… Questa volta, però, non solo l’avversario è diverso, ma lo sarà anche l’esito della sua conclusione: Frattali da una parte, pallone dall’altra.

Il modo perfetto, come detto, per chiudere definitivamente i conti con il passato, togliendosi dalle spalle un macigno altrimenti pesante tonnellate e destinato ad accompagnarlo per tutta la vita: una serie di coincidenze ed emozioni incredibili che solo il Dio del calcio avrebbe potuto scrivere in maniera tanto entusiasmante e memorabile.

Penalty a parte, ovviamente, arrivano poi tantissime lacrime e la meritata ovazione riservatagli da parte di compagni e tifosi prima, durante e dopo il triplice fischio: il passaggio di consegne in favore di Stefano Sturaro e la lettera strappalacrime dedicata alla tifoseria rossoblù e alla passione che per vent’anni ne ha scandito i singoli momenti di vita e lavoro nel quotidiano, infine, rappresentano due momenti in grado di riconciliare l’uomo con la vita, ancor prima che con l’adorato pallone.

Il perfetto, e meritato, epilogo per un grande professionista e per una delle storie d’amore più significative degli ultimi due decenni di calcio italiano: buona vita, Mimmo… e grazie!