10 Dicembre 2020

Leader in campo, tenace contro le avversità: tutti a lezione da Michele Camporese

CAMPORESE PORDENONE FOCUS – Napoleon Hill, scrittore e saggista statunitense, affermò come “l’opportunità spesso si presenta camuffata in forma di sfortuna o di sconfitta temporanea.” Una citazione letteralmente fantastica e carica di significato che ognuno di noi, indipendentemente dalla propria sensibilità e dal modo di reagire alle difficoltà, dovrebbe sempre avere ben impressa in mente, in particolare […]

CAMPORESE PORDENONE FOCUS – Napoleon Hill, scrittore e saggista statunitense, affermò come “l’opportunità spesso si presenta camuffata in forma di sfortuna o di sconfitta temporanea.” Una citazione letteralmente fantastica e carica di significato che ognuno di noi, indipendentemente dalla propria sensibilità e dal modo di reagire alle difficoltà, dovrebbe sempre avere ben impressa in mente, in particolare nei momenti più cupi e complessi in cui la fortuna sembra voltarci le spalle, per abbattere le difficoltà e far si che ciò ci porti a tirare fuori il meglio di noi stessi.

Una frase che, nel mondo dello sport e del calcio, potrebbe portare alla luce una quantità infinita di esempi in senso positivo e, purtroppo, diversi anche in negativo. Tanti atleti, loro malgrado, hanno irreversibilmente visto la propria carriera sgretolarsi, ad esempio, a causa di continui infortuni; altri, invece, hanno superato le difficoltà dal punto di vista fisico non riuscendo però più a rilanciare le proprie ambizioni e le rispettive carriere. Altri, ancora, hanno invece visto negli ostacoli e perchè no, nella paura, un’opportunità di crescita umana e professionale, supportata dalla tenacia e dalla determinazione di volersi riprendere ciò che il destino ed altre variabili avessero illegittimamente tentato di portare via. Tra questi, guardando al torneo cadetto, non può non rientrare a tutti gli effetti Michele Camporese, vero e proprio leader del Pordenone di Tesser dalla scorsa stagione a questa parte. Un ragazzo che in carriera, fin qui, ha avuto la fortuna di togliersi diverse soddisfazioni ma che, al contempo, si è spesso trovato ad affrontare stagioni difficili ed incidenti di percorso di non poco conto che, tuttavia, non lo hanno mai abbattuto.

Riavvolgiamo il nastro: classe 92′, il calciatore pisano è cresciuto nelle giovanili della Fiorentina, venendo considerato da subito come uno dei prospetti difensivi più interessanti a livello nazionale. A 16 anni, nel 2006, vince da capitano il Campionato Allievi Nazionali per poi ereditare la fascia nella Primavera della compagine gigliata. Un percorso che quindi, sin dalle prime battute, lo vede essere un leader di spogliatoio, oltre che tecnico. Qualità che lo portano ad esordire in Serie A con la casacca viola il 20 Novembre 2010, ad appena 18 anni, nel teatro più prestigioso del calcio italiano, San Siro, contro lo stellare Milan di Massimiliano Allegri e Zlatan Ibrahimovic, che avrebbe poi vinto l’ultimo scudetto, per poi scendere in campo da titolare pochi giorni dopo contro la Juventus e siglare, qualche giornata più tardi, la prima rete in massima serie al “Barbera” di Palermo, contro i rosanero. Le premesse per una carriera con la “C” maiuscola sembrano esserci tutte ma, nel corso dei mesi successivi, diversi infortuni condizionano in negativo la propria esplosione professionale tra i “grandi”, costringendolo addirittura ad un’intera stagione ai box, quella 2012/2013.

L’anno dopo, superati i guai fisici che lo avevano condizionato, riparte con il botto da Cesena contribuendo, da protagonista, alla fantastica promozione dei romagnoli di Bisoli in massima serie, a seguito del successo ai playoff contro il Latina. Gioca con una certa regolarità a Bari nella stagione successiva per poi sbarcare nuovamente in Serie A, questa volta ad Empoli con l’etichetta di vice Rugani : appena due presenze però ed un’esperienza da dimenticare che lo obbligano a guardarsi intorno, alla ricerca di un progetto che possa consentirgli nuovamente di rilanciarsi. Quello giusto lo porta in Campania, a Benevento per l’esattezza. Ennesima sfida, ma ancora una volta Camporese dimostra che, se sta bene e riceve fiducia, è in grado di fare la differenza: nuova finale playoff ed altra promozione, con i sanniti di Baroni che hanno la meglio sul Carpi trovando per la prima volta nella loro storia la massima serie. L’anno dopo però è ancora cadetteria, questa volta in prestito con obbligo di riscatto a favore del neo-promosso Foggia: due stagioni, che rappresentano la perfetta sintesi del particolare percorso vissuto dal centrale di Tirrenia. Nella prima è perno della difesa rossonera, sfiorando con la compagine pugliese la qualificazione ai playoff; nella seconda, invece, rottura del legamento crociato e retrocessione dei Satanelli, vittimi di un’annata molto complicata dal punto di vista societario, scaturita nel successivo fallimento.

Tutto ciò, per arrivare ai nostri giorni ed alla nuova avventura targata Pordenone. Quello neroverde, al netto di una tenuta fisico-atletica che sembra lo stia finalmente assistendo, sembrerebbe rappresentare il progetto ed il contesto giusto per esaltarne le innate qualità: aggressività, forza fisica, ordine e bravura nell’uno contro e nel colpo di testa tipiche del difensore vecchio stampo, abbinate ad una tecnica sopra la media per il ruolo che ricopre e ad una visione di gioco, fondamentale nella fase di impostazione della manovra neroverde, “ereditate” anche dal suo passato da centrocampista, che lo rendono anche il perfetto interprete di quelle che sono le esigenze tecnico-tattiche che mister Tesser, prima, ed il calcio moderno, oggi, richiedono. Ordinato dietro, propositivo ed intraprendente quando è chiamato a far partire la manovra: caratteristiche che perfettamente riflettono quella della compagine friulana e che vedono nel ragazzo una risorsa e punto di riferimento imprescindibile. Pur non essendo un vero e proprio difensore goleador, Camporese rappresenta anche un’ottima arma per lo sviluppo delle palle inattive dei Ramarri: nella gara, disputata ai limiti della perfezione contro l’Empoli, Dario Marcolin di DAZN ha rivisto nel suo modo di inserirsi quello di Philippe Mexes (il quale partiva da lontano e per poi fiondarsi nella mischia quando la sfera giungeva nel cuore dell’area), utile a sfruttare la propria forza fisica ed abilità nello stacco aereo.

Tutte doti che appaiono oggi evidenti e che avevano, legittimamente, spinto tantissimi addetti ai lavori qualche anno fa a considerarlo come uno dei potenziali crack difensivi del calcio italiano ma che, per i motivi che abbiamo ripercorso nella breve descrizione della sua carriera di cui sopra, non è sempre riuscito a mettere in pratica per sfortuna o altre motivazioni. Gli stessi motivi, però, che è riuscito a considerare come nuovi input di partenza e che lo hanno portato ad affrontare e superare le difficoltà, ed a diventare il calciatore che è oggi: molto maturo, consapevole dei propri mezzi e del fatto che rappresenti un punto di riferimento per i suoi compagni nell’arco dei novanta minuti, e non solo.

Basterebbero, in effetti, poche parole: nel suo ruolo, ad oggi, un top della categoria.